[ È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva. ]
John Keating (Robin Williams), in L'attimo fuggente, 1989

se new york non esiste

caro amico mio,
ogni tanto ripenso a quel viaggio che non ho fatto, quella volta che dovevo andare a NY e le torri sono state ferite, e poi il giorno dopo la compagnia aerea di bandiera della svizzera è fallita.

ci penso non tanto con dolore per quello che è accaduto a quelle persone perchè quel fatto nella mia memoria si è trasfigurato, così come è accaduto con altre tragedie umane che ho incontrato, facendo tutto il percorso del lutto, e forse lasciando qualcosa di irrisolto sotto macerie che i tanti terremoti della coscienza hanno accumulato e sulle quali non ho fatto alcuna disperante operazione di soccorso.
e non c'è nemmeno invidia per i viaggi che hai fatto tu o che hanno compiuto i nostri amici: per mia fortuna le cartoline sono sempre state vivide esperienze, racconti pregnanti che nell'affetto che ci lega e per tutte le esperienze condivise si apparenta più a quest'ultime piuttosto che a immagini di cartone: nella mia fortuna i miei amici compiono le mie imprese e moltiplicano i miei ricordi avventurosi come fossero i libri che leggo e di cui sono estremamente geloso; e nel mio dolore il loro dolore ha sempre il posto d'onore.
se cerco di immaginarmi new york ho in mente un ideale, non riesco a isolarla da tutto il carico di simboli che le ho cucito addosso nel tempo. in realtà NY non esiste, dopo tutto questo cinema, nella sua dimensione concreta e quotidiana, comune e banale.
la sua pelle è quella di una capitale del mondo, ha negli occhi liza minelli e la voce di sinatra. è la grande mela, la gomma del ponte, woody allen e martin scorsese, l'insonnia di travis, andy warol e duke ellington, le poesie di patti smith, spike lee e stanley kubrick, è manhattan o il bronx, c'era una volta in america, brooklin, n.y.p.d, è l'appartamento di billy wilder è king kong e tutta l'avventura e disavventura del mondo immaginata al cinema. è un immenso sogno.
mentre aspetto tue notizie da new york, cerco di percorre con la mente le grandi distanze che ci sono all'interno della città. penso a staten island e ai ponti, ai traghetti, alla metropolitana. ho per un momento la sensazione che ogni cosa, fisica o metafisica, abbia un rapporto con la distanza che la separa da manhattan.
sono in fondo lieto di non esserci ancora stato perchè se quel giorno dovesse mai arrivare, avrò ancora uno sguardo vergine e potrò vivere quella prima volta con tutta l'intensità di cui sono capace.
intanto aspetto, non ho fretta e sono affezionato alle immagini che mi sono creato, ci penso quindi con nostalgia. intanto ci sei tu amico caro a new york, e poserai lo sguardo, attento come sei, su ciò che è significante e coglierai i particolari nella loro reale durezza e  nel loro valore poetico, e con la narrazione di essi mi regalerai nuove esperienze. attesa dunque è la tua testimonianza, poichè ti ho eletto cronista della mia vita non vissuta.

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