[ È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva. ]
John Keating (Robin Williams), in L'attimo fuggente, 1989

Il fardello di Kipling e il paradosso dell’Onu

Zvetan Todorov, la Repubblica, 7 settembre 2013

Si può discutere sia sulle ragioni che giustificano un intervento militare in Siria, sia sull’identità di chi interviene, o sugli obiettivi da perseguire.

L’uso di armi chimiche a Damasco sembra ormai accertato; ma quanto ai responsabili, la questione non è altrettanto chiara. I governi occidentali avevano annunciato che con un atto del genere si sarebbe oltrepassata una linea rossa, scatenando automaticamente un intervento militare da parte loro. Una condizione siffatta non può che suscitare manipolazioni e provocazioni. La storia delle guerra è ricca di episodi di questo genere: si imputa una certa azione a uno dei belligeranti, lo si espone all’obbrobrio e ci si sbarazza di lui. Perciò i dubbi sull’identità del mandante non si potranno dissipare senza un’inchiesta approfondita.
Nel mondo di oggi, è al Consiglio di Sicurezza dell’Onu che spetta la decisione di un intervento militare.

VIVIAN MAIER. IL TEMPO DI UNO SCATTO.


Jhon Maloff era uno storico appassionato ed era diventato il presidente della Northwest Chicago Historical Society, una piccola associazione sulla storia del proprio quartiere dove viveva, a nord di Chicago.
Era il 2005, e lui abbastanza giovane.
Tra le iniziative che portava aventi la piccola associazione c'era quella di realizzare un libro sul loro quartiere. Iniziò a lavorarci con un amico e decise che gli sarebbero servite almeno un centinaio di fotografie. Pensò che la cosa migliore era iniziare a cercarle direttamente per il quartiere, e così iniziò a frequentere le aste pubbliche della zona. A una di queste un giorno ci trovò una scatola enorme con dentro migliaia di negativi fotografici e una scritta: CHICAGO.
Oggi è il 29 di maggio del 2013. E' morta Franca Rame.
Un'altra parte dell'anima rimane orfana. E la ricordiamo, e salutiamo, ribattendo un'intervista pubblicata sul quotidiano ticinese LaRegione il 9 maggio del 2000.
Si intitolava :
Di Franca ce n'è una sola, e iniziava così :

Non sono parole che chiamano da dietro.
Eppure quando vien fuori il nome della Palazzina Liberty, e si dichiarano lotte e cortei, e si sente il lamento di Milano che brucia dalle ferite e dal fuoco, per forza bisogna voltarsi. Perché è da lì che qualcosa – fra le tante cose – è partito. Alcuni dicono esperienze. Franca Rame dice impegno, sostantivo coniugabile solo alla propria coscienza.
« Per me e per Dario non è cambiato niente da quell'allora : continuiamo a portare avanti le nostre battaglie, oggi come ieri. E' stata dura, ma con noi c'erano altre persone che hanno lottato e lottano ancora ».

Tutto parla di te

"Tutto parla di te", di Alina Marazzi

Certo che la maternità è anche questo. E' anche l'identità di madre che
traligna, che ostruisce il corso naturale delle cose e che infine defluisce nella tragedia di donne schiacciate da un
altro destino.
Tutto parla di te, il quarto lungometraggio di Alina Marazzi, coproduzione italo svizzera, concentra l'
attenzione sulla nascita: di un figlio e, sottolineato, delle difficoltà (il dramma è stato messo giusto un passo più
in là) che possono arrivare.

Full of Fire

"Full Of Fire" a short film by Marit Östberg*. Music by The Knife




"The film 'Full of Fire' started to grow as an embryo in the song´s lines 'Who looks after my story'.

La vecchiaia di febbraio


Ho capito di essere vecchia.
L’ho capito lunedì sera, quando i numeri hanno raccontato qualcosa di nuovo, quando il capo di un movimento – forte di quei numeri – ha chiesto a tutti di genuflettersi davanti al nuovo divenuto padrone di un paese.  Divenuto – con la legittimazione dei voti - padrone d’Italia.
Ho capito di essere vecchia perché non ho sentito la necessità, né ora né prima d’ora, di rigenerare e rilanciare la mia e l’altrui sorte attraverso le sole urla e le sole vaghe parole (poi rimane quel “vaffanculo” con il quale è stata titolata, anni fa, una giornata, ma ch’io ricordi è l’unico inequivocabile termine venuto da lì).  Sono vecchia perché non ho sentito di aderire ai moti di distruzione per – c’era scritto su uno dei numerosi post su facebook – staccarsi dalla storia.

Storie di cronopios e di famas

Julio Cortázar
STORIE DI CRONOPIOS E DI FAMAS
Einaudi Tascabili, 1962

Il lavoro di ammorbidire il mattone tutti i giorni, il lavoro di aprirsi un passaggio nella massa appiccicosa che si proclama mondo,ogni mattina inciampare nel parallelepipedo dal nome ripugnante, con una canina soddisfazione che tutto è al suo posto, la stessa donna accanto, le stesse scarpe, lo stesso sapore dello stesso dentifricio, la stessa tristezza delle case di fronte, della sporca scacchiera delle persiane con la scritta HÔTEL DE BELGIQUE.

Puntare la testa come un toro svogliato contro la massa trasparente al cui centro prendiamo il caffelatte e apriamo i giornale per cedere quel che è successo in qualsiasi angolo del mattone di cristallo. Rifiutarsi a che il delicato gesto di girare la maniglia, gesto grazie al quale tutto potrebbe trasformarsi, avvenga con la fredda efficacia di un riflesso quotidiano. A presto cara. Buona giornata.