Ho capito di essere vecchia.
L’ho capito lunedì sera, quando i numeri hanno raccontato
qualcosa di nuovo, quando il capo di un movimento – forte di quei numeri – ha
chiesto a tutti di genuflettersi davanti al nuovo divenuto padrone di un
paese. Divenuto – con la
legittimazione dei voti - padrone d’Italia.
Ho capito di essere vecchia perché non ho sentito la
necessità, né ora né prima d’ora, di rigenerare e rilanciare la mia e l’altrui
sorte attraverso le sole urla e le sole vaghe parole (poi rimane quel
“vaffanculo” con il quale è stata titolata, anni fa, una giornata, ma ch’io
ricordi è l’unico inequivocabile termine venuto da lì). Sono vecchia perché non ho sentito di
aderire ai moti di distruzione per – c’era scritto su uno dei numerosi post su
facebook – staccarsi dalla storia.